Le attese proposte, che sono emerse dopo discussioni protrattesi per un po’ di tempo e a cui Matteo Ascheri, presidente del Consorzio, ha dato attivamente il suo sostegno con determinazione e idee molto chiare, sono finalmente qui, anche quando si è trovato ad affrontare oppositori e critici. “Stiamo seguendo un percorso che inizia dal basso”, spiega lui, “abbiamo presentato queste proposte, spiegandole ai produttori a cui interessano direttamente: ora devono dire cosa vogliono fare”. La prima modifica riguarda il vincolo alla zona di spillatura per Barolo e Barbaresco (che per legge dovrebbe coincidere con la zona di produzione del vino): “Questa è una misura necessaria per proteggere le denominazioni dal punto di vista tecnico e commerciale”. Le specifiche, sviluppate negli anni ’60, non imponevano alcun limite di spillatura, come nella stragrande maggioranza delle denominazioni italiane, poiché all’epoca era impensabile trasportare il vino per lunghe distanze, ma oggi i vini Barolo vengono spillati anche al di fuori dell’Italia.
“Questa è l’unica misura per la quale siamo a favore a causa dell’urgenza e della necessità”, affermano i rappresentanti del consorzio. Inoltre, c’è una richiesta di reciprocità tra le due aree – Barolo e Barbaresco, ovvero la possibilità di vinificare e spillare Barolo in bottiglia nell’area di produzione di Barbaresco e viceversa. Ovviamente, l’area di produzione delle uve per le due denominazioni rimarrà invariata, come stabilito nel 1966. “Abbiamo ritenuto corretto esaminare questa opzione per alleviare la pressione su comuni e territori, anche per quanto riguarda la costruzione di nuove cantine in un’area già sottoposta a una forte pressione”, spiega Ascheri.
La terza proposta è quella di rimuovere il divieto di piantare vigne di Nebbiolo adatte a Barolo o Barbaresco sulle pendici rivolte a nord. “Non si tratta di espansione o aumento della produzione”, dice Ascheri, “stiamo semplicemente offrendo ai produttori un’ulteriore opportunità agronomica”. Infine, si tratta di aggiungere menzioni comunali per l’appellativo Barbaresco e l’utilizzo di formati più grandi, oltre sei litri. “Questa è una pratica democratica e non potevamo fare a meno di discutere di questi argomenti. La decisione spetta ai produttori”, conclude il presidente.